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APPLICABILITA’ AL CONTRATTO AUTONOMO DI GARANZIA DELL’ART.1956 C.C.

Si può dire ormai acquisito il principio secondo il quale la fideiussione che contenga la clausola “a semplice/prima richiesta” debba essere qualificata come garanzia autonoma priva del vincolo di accessorietà con l’obbligazione principale, vincolo invece esistente e “tipizzante” il negozio fideiussorio. Secondo il Tribunale di Milano (sentenza n.9100/2015, reperibile su www.giurisprudenzadelleimprese.it) il principio di pacifica applicazione, in ossequio a quanto affermato dalla Cassazione n.3947/2010, se comporta l’inapplicabilità della disciplina di cui all’art.1957 c.c., non porta tuttavia ad escludere l’applicabilità al contratto autonomo di garanzia del disposto di cui all’art.1956 c.c. (“liberazione del fideiussore per obbligazione futura“).

Secondo il Tribunale, infatti, la liberazione del fideiussore derivante dal disposto di cui all’art.1956 c.c. non “risulta di per sé derivante dal vincolo di accessorietà tra obbligazione del debitore principale e obbligazione del garante, ma, piuttosto, riguardare una esigenza di protezione del garante che prescinde dalla esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale, e può essere considerata meritevole di tutela anche nelle ipotesi in cui tale collegamento sia assente, risolvendosi, in sostanza, nella applicazione del canone generale di buona fede al rapporto tra beneficiario della garanzia e garante, canone la cui mancata applicazione rispetto a tale rapporto non risulta giustificata dal carattere autonomo della garanzia, anche in presenza del quale la condotta del beneficiario che abusi della propria posizione in spregio di quella del garante merita dunque di essere sanzionata con la liberazione del garante, così come, sempre nell’ipotesi di garanzia autonoma, la assenza di accessorietà tra il rapporto principale e quello di garanzia non impedisce al garante l’excepio doli laddove il beneficiario escuta il garante pur se consapevole della sopravvenuta estinzione del debito garantito“.

E’ evidente che il problema concreto risiede nella prova che il garante deve fornire della sussistenza dei presupposti dell’applicabilità dell’art.1956 c.c. Nel caso di specie il garante aveva contestato al creditore l’ulteriore concessione di credito al debitore principale anche dopo la scadenza dell’apertura garantita ed in presenza del rilevante peggioramento delle condizioni economiche dello stesso. Secondo il Tribunale, invece, il beneficiario aveva tempestivamente escusso il debitore principale ed i garanti, escussione cui era seguita una negoziazione del rientro purtroppo rimasta infruttuosa. Nella ricostruzione fattuale viene dato particolare rilievo 1) alla circostanza che la proposta di rientro sarebbe stata attuata tramite una provvista procurata con finanziamento soci (ed il garante era, tra l’altro, socio del debitore), 2) al fatto che l’accettazione da parte del beneficiario era stata da questi comunicata a tutti i garanti così come il successivo recesso dal piano di rientro per inadempimento del debitore; 3) alla mancata prova del fatto che se il beneficiario avesse immediatamente attivato iniziative giudiziali nei confronti del debitore principale, le possibilità di soddisfazione del beneficiario avrebbero potuto essere migliori di quelle dipendenti “dalla parziale esecuzione dei piani di rientro con conseguente maggior alleggerimento dell’obbligazione di garanzia”.