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DIVAGAZIONI SEMI-GIURIDICHE/3 – TREDICI

Il mostro ha occhi grandi come fanali, due antenne ed un cefalotorace ricoperto da un rigido esoscheletro, in parte di colore rosso-arancione ed in parte trasparente, cosa che consente di vedere gli orrendi organi interni.

Si muove lentamente per la città, fermandosi di tanto in tanto lungo la strada per risucchiare cibo attraverso quattro orifizi che usa indifferentemente come bocca e come ano.

Si nutre principalmente di esseri umani, ma anche di valige, borse, passeggini e, a volte, anche di cani, meglio se pitbull aggressivi vezzeggiati come cuccioli dai loro padroni.

La forza del risucchio è talmente potente che sembra quasi che siano gli umani a tuffarsi nelle viscere del mostro, spingendosi e calpestandosi per entrare per primi.

Una volta ingurgitato un numero adeguato di prede, il mostro le spreme, le cosparge di saliva, ma non le uccide, limitandosi a succhiare le loro essenze migliori.

I malcapitati nella morsa, invece, sono invischiati nelle loro peggiori risorse, irrimediabilmente condivise: scoregge silenziose, starnuti, telefonate, scaglie di forfora, messaggi audio, ascelle sudate, aliti, pipì di cane, record personali a candy crush saga.

Giunto a destinazione, il mostro, sbuffando, evacua.

Gli esseri umani scappano travolgendosi per raggiungere al più presto l’uscita, apparentemente impegnati in conversazioni di circostanza, ma in realtà attenti a non utilizzare la parola “permesso”, solo preoccupati di tastarsi per controllare di avere ancora il portafogli e soprattutto felici di aver salvato dalle grinfie del mostro il loro smartphone.

Sono però tutti ignari della terribile mutazione che li ha colpiti: l’avv. Pacchiarini, ad esempio, corre verso il Tribunale con ancora i fastidiosi odori alle narici, un capello color rosa-fresco-di-parrucchiere dell’anziana signora Ines poggiato sulla spallina della giacca, una costellazione di stelle forforose cadute dalla testa del commesso Simone sull’altra spalla, la testa pelata sormontata da serpenti di loffa per fortuna ad ogni passo meno persistenti e, quando la smetterà di controllare le email ricevute sullo smartphone, si accorgerà anche di non avere più le scarpe di cuoio nere ma scoprirà i suoi piedi pelosi dentro un paio di alti sandali da donna dorati e con le unghie smaltate di rosso.

Pazienza, si dice meditabondo, ormai ci si veste in modo fantasioso e non posso arrivare tardi in udienza, altrimenti il giudice mi rompe i coglioni. E riprenderà in mano lo smartphone accelerando il passo verso il Tribunale.